mercoledì 13 novembre 2019

Gita a NAPOLI (ven. 25-dom. 27 GEN 2019)

Veduta del golfo di Napoli dalla Loggia del Quarto del Priore (Certosa di S. Martino) Tenevo moltissimo a questa gita con i partecipanti al mio corso su Storia e arte di Roma barocca, svolto a Roma tra ottobre-dicembre 2018, per illustrare meglio i profondi legami con Napoli, l’altro centro del barocco italiano, tra il Seicento e il Settecento. 

 Ho fatto precedere la gita da presentazione del programma con lo schema che uso e ritengo più efficace nel mio corso: prima illustro il barocco a Napoli con diapositive e notizie essenziali ai partecipanti al corso, poi, dopo il corso a Roma, faccio da guida a chi desidera approfondire i luoghi e le opere d’arte selezionati per la gita, liberamente e fuori dal corso svolto a Roma. 

Per contenere i costi, ho programmato la gita in tre giorni e la visita guidata da me in tre blocchi principali e più impegnativi: la Certosa di San Martino, il museo di Capodimonte, le chiese principali del centro storico. 


illustro alcuni luoghi e opere barocche utilizzando anche mie foto e dei partecipanti (foto a sinistra), a cui aggiungo alcune informazioni essenziali. Napoli con lunga tradizione artistica, ma senza sua scuola pittorica nota in Europa. 

Grazie al cosmopolitismo e a sovrani illuminati, come Roberto d'Angiò e Carlo di Borbone, importanti e numerose correnti artistiche nei secoli misero Napoli in contatto prima con la pittura senese, poi emiliana. Il Barocco napoletano s’afferma verso metà Seicento con architetti locali e termina intorno al 1750 con architetti di stampo neoclassico. All’apice nel Settecento con architetture collegate a stile Rococò e Barocco austriaco. Caravaggio più volte a Napoli nel 1607-10, decisivo per la pittura napoletana con molti seguaci, che contribuirono al caravaggismo, e influenzò tutto il meridione tra XVII-prima metà XX. Per far entrare i partecipanti alla gita nelle trasformazioni di Napoli volute dai viceré spagnoli all’inizio del Seicento, ho iniziato il mio percorso dai palazzi di piazza Bellini e via S. Maria di Costantinopoli. L’intervento urbanistico dovette tener conto del dislivello dell'area, evidente in Pal. Conca inglobato poi nel Complesso di S. Antonio delle Monache a Port'Alba, dove scala d'accesso del XVIII evidenzia terreno scosceso. Per far entrare i partecipanti alla gita nelle trasformazioni di Napoli volute dai viceré spagnoli all’inizio del Seicento, ho iniziato il mio percorso dai palazzi di piazza Bellini e via S. Maria di
Costantinopoli. Nel 1620-56. v. S. Maria di Costantinopoli rinnovata in stile barocco: rifatte facciate, tra cui di Palazzo Firrao (seconda metà XVII) da C. Fanzago con scultori G. e D. Lazzari, S. Tacca e F. Valentino. 

L'elemento che colpisce nella facciata sono le sette nicchie di medaglioni coi busti marmorei di governanti di Napoli, per lo più della Casa d'Asburgo, che Firrao serviva.  Scolpiti da G. Mencaglia, forse con l'aiuto di B. Landini e G. Finelli da sinistra a destra (non in ordine cronologico): Filippo IV , Filippo II , Ferdinando II (?), Carlo I, Ferdinando III, Carlo II,  Filippo III. Certosa di S. Martino (a destra) e Castel S. Elmo (a sinistra) 



La Certosa di S. Martino è certamente il complesso, a mio avviso, di gran lunga più importante del barocco napoletano per opere di grandi architetti e pittori del periodo. 

 Dedicata a S. Martino di Tours per probabile cappella preesistente nel XIV; spinta da Controriforma, certosa poi modificata tanto che, a fine XVI, il suo stile dominante diventa tardomanierista e barocco. 

Nel Quarto del Priore, opere di scultura e pittura tra cui bassorilievo di S. Martino divide mantello col povero di Pietro Bernini (padre di Gian Lorenzo, 1596-98).


 Carlo, primogenito di Roberto d'Angiò, fece erigere
monastero nel XIV; Tino di Camaino e F. di Vito iniziarono certosa e lavorarono a castello di Belforte (noto come S. Elmo), a cui successero il Maestro di corte angioina, l’allievo A. Primario, con G. de Bozza (1336). 

 Di G.A. Dosio gran parte
delle trasformazioni (1589-1609): ristruttura chiostro grande del XIV e aggiunge celle di monaci; costruisce chiostro dei Procuratori; amplia chiesa con cappelle e ambienti laterali, coro e parlatorio, refettorio, cappella del Tesoro Nuovo. 

 G.G. di Conforto dirige cantiere (1618-23) e completa progetto di Dosio, di C. Fanzago parti barocche (1623-56): facciata di chiesa,
decori interne e di cappelle, busti alle pareti di porticato del chiostro grande e cimitero del priore. 

 Dosio riadattò pronao da 5 a 3 arcate ricavando due cappelle in controfacciata, e poi C. Fanzago costruì serliana per mascherare facciata precedente; parte superiore e pareti laterali di N. Tagliacozzi Canale. 

 Tra pittori napoletani più grandi di questa fase: J. de Ribera, L. Giordano, B. Caracciolo, M. Stanzione ed emiliani G. Reni e G. Lanfranco. A navata unica, 8 cappelle laterali e altre sale (sacrestia, coro, refettorio, capitolare, diverse cappelle e parlatorio) ai lati di zona absidale. 

 Tra XVI-XVIII, decorazione pittorica e scultorea interna, in prevalenza di C. Fanzago, la rendono tra complessi più importanti di Napoli. 

Abside profonda e rettangolare con pavimento marmoreo di Fanzago, grandioso coro ligneo (1629) di O. De Orio e altare maggiore in legno dorato e finto marmo di F. Solimena. 


Volta di navata con affreschi maschera strutture a crociera; affreschi (1636­-39) tra più importanti dell’emiliano G. Lanfranco, che riprendono Ascensione di Cristo con angeli e beati e Apostoli in spicchi laterali di finestroni. Affreschi della volta, Storie del V. e N. Testamento con evangelisti, dottori di chiesa, profeti e santi certosini del Cavalier d'Arpino e fratello Bernardino (1591-96). 

 Crocifissione, G. Lanfranco, nella lunetta (1638-40), sotto, Natività, G. Reni (1642).

 Presepe napoletano, tipica produzione coi più alti vertici di qualità tra XVIII-XIX col grandioso presepe Cuciniello, ambientato in finta grotta e con illuminazione, che simula alternarsi di alba, giorno pieno, tramonto e notte. 


Collezionista M. Cuciniello donò allo Stato c. 800 tra pastori, animali e accessori, e seguì messa in scena e montaggio del presepe (1879).


 Reggia e museo di Capodimonte Costruita dal 1738 G.A. Medrano e A. Canevari, F. Fuga dal 1765, per Carlo III di Borbone, che vi voleva porre la collezione Farnese, poi adibita a reggia fino al 1957; dopo, ospita il Museo nazionale di Capodimonte. Su due livelli, al primo piano, Appartamenti Reali: in parte ricostruiti, in parte originali, con arredi delle famiglie dinastiche che l’hanno abitato; tra elementi di spicco, porcellane, oggetti di vita quotidiana, sculture e pitture d’artisti italiani ed europei del XVIII e XIX. 


 Flagellazione di Cristo, Caravaggio (1607-8, sala 78) Protagonista ed emblema del museo, in fondo a lunga galleria di dipinti. Scena concitata d’inconsueta drammaticità. Corpo luminoso e robusto di Cristo accenna a moto che ricorda manieristi e contrasta coi movimenti strozzati e secchi d’aguzzini. 
 Realtà umana e naturale non convenzionale e nuovo modo di fare pittura, bloccando, tra contrasti netti e laceranti di luci e ombre, frammenti o brandelli di corpi in moto, in tensione più alta e sconvolgente, non solo fisica, ma soprattutto psichica, emotiva, sentimentale; corpi emergono da ombra e fisici definiti da luce quasi accecante, sottolineano evento con grande drammaticità.

 A. Gentileschi, Giuditta decapita Oloferne (1612-13, sala
87) Tra tanti pittori caravaggeschi con loro opere nel museo, altrettanto emblematica anche perché ricorda violenza e desiderio di rivalsa dell’autrice per lo stupro subìto e il processo all’aggressore. Evoca la stessa opera di Caravaggio nella posa dell'eroina biblica, al punto che certamente Artemisia la vide a Roma.

 J. de Ribera, S. Girolamo e
l'angelo del Giudizio (1626, sala 90) Richiami tipici del caravaggismo napoletano, tra massimi suoi capolavori, i cui virtuosismi anticipano quelli dal 1630 e piena maturità: chiaroscuri meno evidenti rispetto a prime opere, dove tenebrismo caravaggesco più definito e accentuato. 


 S. Girolamo traduce la Bibbia e sorpreso dall’angelo del Giudizio, che suona corno tra nuvole in alto a d., molto simile a S. Matteo e l'angelo di Caravaggio (1602). L. Giordano, S. Gennaro intercede presso la Vergine, Cristo e il Padre Eterno per la peste (1656, sala 79) Per viceré spagnolo G. de Bracamonte e chiesa di S. Maria del Pianto, ex-voto per cessato pericolo d’epidemia che colpì la città. Mostra sua devozione a S. Gennaro, più volte soggetto principale di sue opere: santo invoca la Madonna, Cristo e Dio per la peste che dimezzò la popolazione napoletana nel 1656. Colori molto forti: giallo oro circonda protagonisti, sfumato da chiarissimo azzurro del cielo, che si spegne in basso creando penombra, che cela drammatiche vite umane spente da epidemia.


 F. Solimena, Il massacro dei Giustiniani a Scio (1710-15 c., sala 105) Dal 1630, il suo stile muta in senso barocco, recuperando esperienze giovanili in intensi contrasti cromatici e ricca inventiva. Nel martirio di 18 membri della famiglia Giustiniani in rivolta dei Turchi contro la dominazione genovese di Scio, evidente l’articolata e razionale distribuzione delle masse in spazio strutturato, con esiti da macchina barocca lucidamente controllata. Nella scena centrale, la vittima inginocchiata col suo carnefice cita il Martirio di S. Caterina di M. Preti, del quale Solimena ammirò la forza del chiaroscuro e del disegno. 


 Sette opere di Misericordia (1606-7, Pio Monte d. Misericordia, Napoli) I tanti personaggi non vanno visti come scena di genere in strada di Napoli, che può colpire primo sguardo; bisogna intendere anche volontà ed esigenze di committenti (Congregazione della Misericordia), di cui L. Carafa-Colonna era membro e che protesse fuga da Roma di Caravaggio, condannato a morte e ricercato per aver ucciso R. Tomassoni. Ho messo in evidenza il senso generale dell’opera anche sottolineando che Caravaggio aderiva alla corrente pauperista della Controriforma, che chiedeva il ritorno a valori più puri del Vangelo e la pratica delle opere di Carità per espiare ed elevare lo spirito. In questo senso va anche vista la Madonna col Bambino in alto, attorniata da due angeli, non per miracolo, ma allude a ruolo della Chiesa per promuovere e praticare opere, ad es. mantello di S. Martino, di forma elicoidale, che da Maria giunge a ignudo. 

 Complesso di S. Gregorio Armeno Per me, la sintesi, il simbolo del barocco al centro di Napoli, dal 1575 al rococò (1750), comparabile alla Certosa di S. Martino per opere d’arte del periodo considerato in tutta la gita. Per questo, ho scelto solo due foto della chiesa e una del campanile a cavallo della via, su cui si sviluppa il complesso. Dal 1572, il complesso subì profondo rifacimento da G.F. Mormando per progetto e G.V. Della Monica e G.B. Cavagna per ricostruire tutti i corpi di fabbrica preesistenti: chiesa, defilata rispetto al monastero, e campanile con l'aggiunta di due registri superiori al ponte di congiunzione dei corpi di fabbrica claustrali. 

 Gli organi testimoniano il gusto rococò: del 1737, organo del napoletano T. de Martino, sopra cantoria lignea, sopra ultima cappella laterale di sinistra; nel 1742, lo stesso organaro ne costruì un altro gemello, collocato su parete di fronte. Nel 1769, costruito da D.A. Rossi organo per il cappellone e, nel 1790, uno per coro delle monache da F. Cimino. Intorno al 1780, modificate le casse dei due organi di T. de Martino e realizzate due nuove cantorie sotto quelle esistenti. 

 Campanile che collega le due ali del complesso monastico A cavallo della via S. Gregorio Armeno, antica testimonianza del collegamento realizzato, dopo l’unificazione del 1009, tra il monastero di S. Pantaleone, a sinistra della strada, e quello di S. Gregorio, sul lato destro.   Nel 1589 si costruisce il corpo di fabbrica tra il campanile e la chiesa.

 Cappella del Tesoro di S. Gennaro Legata ad anni di conflitti bellici esterni e interni, peste, eruzioni vulcaniche di prima metà XVI. Popolo napoletano si rivolse al santo protettore e 13 gen. 1527, quando portate ossa di S. Gennaro da Montevergine (Avellino) a Napoli, e fece voto di erigergli cappella nel duomo. Nel 1601, eletti della città crearono Deputazione di 12 membri laici dei 6 quartieri per costruirla e decorarla con 10.000 scudi, ma offerti oltre 480.000, senza contributo dal Vaticano. Iniziata 1608-13 da F. Grimaldi; dopo sua morte, cantiere diretto da C. Bernucci, poi G.G. di Conforto la completò 1620. 

 Il busto reliquiario di S. Gennaro (1305) vestito con piviale e mitra in seta e oro (XVIII) Cappella contornata da 19 sculture bronzee, al centro, dietro altare magg., S. Gennaro seduto (1645), quasi a dirigere altri 18 compatroni nella difesa di Napoli; sculture da 1610, disegno di F. Grimaldi, eseguite in oltre 20 anni sotto direzione di C. Monterosso, gran parte di carrarese G. Finelli, allievo di G.L. Bernini, altri di scuola napoletana. Dietro altare, due nicchie con sportelli argentei dono di Carlo II di Spagna (1667) con ampolle del sangue e busto reliquiario di S. Gennaro in oro e argento, di tre orafi provenzali, dono di Carlo II d'Angiò (1305), davanti ad altare magg., a s. 

 Interno della cupola del Lanfranco e Domenichino Dipinti e affreschi di cappella in prevalenza di Domenichino, eccetto ciclo in parte centrale di cupola riprendenti Paradiso, di G. Lanfranco (1643) e pala d'altare di d., S. Gennaro esce illeso dalla fornace (1646) del Ribera. Dopo contatti 1618) col Cav. d'Arpino, Deputazione scelse (1620) G. Reni, ma rifiutò, dopo minacce violente dei pittori locali, e sostituito per cupola da altro emiliano, G. Lanfranco, che compì Paradiso (1643). Nel 1630, Domenichino, emiliano, convinse Deputazione coi propri test e iniziarono decori di volte, compiendo sottarchi d’altari (1633), 4 pennacchi (1641) e 5 di 6 oli su rame (uno incompleto), in fascia inferiore di cappella.

venerdì 23 marzo 2018

Gita Siena 22 - 23 marzo 2018








GITA a SIENA (giovedì 22-venerdì 23 marzo 2018)


         Programma:
  • Piazza del Campo
  • Palazzo Pubblico
  • Museo Civico
  • Duomo
  • Museo Opera del Duomo
  • S. Maria della Scala

Scelta della gita a Siena non solo per approfondire i tanti legami storici e artistici con Roma, ma anche per verificare programma di visita dei monumenti principali in due giorni e una notte in albergo, mantenendo così costi bassi.